I caratteri dell’alfabeto amarico sono molto curiosi. La lingua amarica, deriva dalle lingue afro-asiatiche e semitiche. È composta di 260 segni sillabici ed è la lingua ufficiale dell’Etiopia. In amarico la parola Etiopia si scrive così ኢትዮጵያ, e questo mi ha ricordato i disegni degli uomini primitivi.
Insieme a Denver siamo andati ad Addis Adeba e lì abbiamo comprato un libro di poesie abissine. Il mio amico dinosauro ha voluto che gli leggessi una poesia d’amore scritta da un anonimo poeta:
Se io fossi un vitello
restio, ma di bell’aspetto
il mercante mi acquisterebbe;
comprerebbe e mi sgozzerebbe,
la mia pelle distenderebbe,
al mercato la porterebbe.
La brutta invano mi contratterebbe,
la bella mi comprerebbe.
Per me macinerebbe profumi.
E passerei la notte stretto su di lei,
passerei il giorno avvolto intorno a lei.
Il marito direbbe: è cosa morta!
Io invece avrei vissuto il mio sogno d’amore.
Poi siamo entrati in un piccolo locale in cui Daniel Fessehaye teneva un concerto di Blues Etiope. Magnifico!
Addis Adeba è molto grande e per postarsi velocemente bisogna prendere i trasporti pubblici o i taxi che qui sono diversi da come li conosciamo. Oltre all’autista i taxi sono gestiti anche da un weyala, ossia un uomo che comunica ai passeggeri la destinazione e riceve da essi il denaro del biglietto.
Questa città di quasi 3 milioni e mezzo di abitanti è anche capitale dell’Unione Africana e in più è considerata città sacra per i rastafariani.
Scendiamo dal taxi e dopo aver pagato, facciamo una passeggiata notturna in Africa guidati dalla luce dei grattacieli, dalle auto, dalle insegne dei negozi e musica blues etiope.