Ho sempre visto i controllori di Berlino come un retaggio del periodo in cui la Germania faceva paura. Un’epoca in cui cittadini, forze dell’ordine e Stato si univano per distruggere i negozi degli ebrei. Mi tremano le mani se penso che quello che mi è successo è accaduto proprio a ridosso del 9 novembre, la triste giornata della cosiddetta Notte dei cristalli o, per meglio dire, del pogrom antisemita organizzato dal partito nazista nel 1938. Oppure, sempre in quella data ma nel 1923, quando Hitler tentò di ribaltare con un’insurrezione armata il governo nel Putsch di Monaco. Forza, violenza, intimidazione, paura: tutto ciò che rappresenta la Germania.
In passato, la mia tesi sui controllori di Berlino la argomentavo solo in base a ciò che avevo visto, ma ora purtroppo posso confermarla anche con l’esperienza diretta. Il fenomeno dei controllori aggressivi, razzisti, molestatori (verbali e non) è così diffuso nella capitale tedesca che un gruppo di cittadini ha persino creato una campagna social. Mi riferisco all’iniziativa #weilwirdichfürchten (“perché ti temiamo”), come dimostra questo articolo della taz.
La mia argomentazione
Se visiti Berlino, la loro presenza ti confonderà: “Sono dei malfattori o delle figure che svolgono un lavoro onorevole e importante? Mi faranno del male?”. C’è del marketing in tutto questo: lo Stato e il Comune, complici poiché non fanno nulla per cambiare le cose, vogliono che tu ti senta spaesato, che tu abbia paura, così magari compri due biglietti o magari sbagli e dimentichi di timbrarlo a causa dello stress. Questo senso di smarrimento è comune anche tra gli abitanti. I controllori sono aggressivi, come gangster di città, “zingari” o tossici pronti ad accoltellarti. Li ho sempre paragonati alle SA naziste e cercherò ora di argomentare in modo empirico la questione, seguendo un metodo che ho appreso nel libro di Stefan Descher e Thomas Petraschka Argumentieren in der Literaturwissenschaft.
Premessa 1: Le SA erano un reparto paramilitare costituito da una potente organizzazione.
P 2: Le SA non indossavano uniformi nere come i veri cattivi, ma camicie brune.
P 3: Le SA utilizzavano metodi di intimidazione violenta.
P 4: Le SA erano costituite da tipi malvagi, ex militari e giovani senza lavoro.
P 5: I controllori sono un reparto non militare ma con funzioni di controllo, costituito da una potente organizzazione.
P 6: I controllori non vestono come veri poliziotti, ma hanno vestiti di colori simili.
P 7: I controllori utilizzano metodi di intimidazione violenta.
P 8: I controllori sono costituiti da tipi duri o giovani che avevano difficoltà a trovare un lavoro.
Conclusione: I controllori sono simili alle SA.
Il mio comunque non è un giudizio, ma un modo intellettuale di affrontare la situazione. Sono solo supposizioni. Il dibattito critico è interminabile e, come diceva Culler in Literaturtheorie, la teoria è: “Una critica al senso comune”.
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Sono stato maltrattato dai controllori: ecco cosa è successo.
La mia testimonianza
Ho con me un abbonamento mensile Ticket-S e la mia carta cliente VBB, ma avevo dimenticato di scrivere sul biglietto il numero cliente, che comunque è visibile sulla carta (riconosco il mio errore ma non posso accettare il comportamento dei controllori che sto per raccontare).
Sono su un tram. Noto il controllore avvicinarsi verso di me, guardare la mascherina che avevo al braccio (sono traumatizzato perché, qualche settimana fa, un militare mi ha aggredito verbalmente a causa di essa) storcere la bocca e scegliermi come sua vittima. Fin dai primi istanti si mostra arrogante, aggressivo, cercando di intimidirmi. Mi tratta come uno scarto, facendomi sentire come un ladro e compromettendo la mia rispettabilità di fronte agli altri viaggiatori. Sono spaventato e confuso, non riesco a muovermi.
Fuori dal tram: l’inferno in stile Franz Biberkopf di Berlin Alexanderplatz
Mi spingono con la forza fuori dal tram e mi sbattono più volte contro un lampione (mi fa male la spalla e al momento sto considerando di andare da un medico). Continuo a tremare mentre lui urla per avere la mia carta d’identità. La cerco persino in versione digitale sul cellulare, ma, sotto shock, non riesco a trovarla. Le mani mi tremano. Non capisco nulla. Loro continuano a spaventarmi: «Chiamo la polizia, vuole che la chiami? Pronto, la chiamo. La carta d’identità!!!». Ciò che mi ferisce di più è che alla fine non avevano nemmeno bisogno del mio documento. “Perché me lo hanno chiesto allora? Perché tutta questa scena, queste urla, queste intimidazioni?”. Uno dei controllori mi chiama “idiota”, insulto sentito anche dalle altre persone presenti alla fermata. Mi scatta una foto senza il mio consenso, violando la mia privacy.
Mi comunicano che la multa è di 60 euro. Poiché ero molto scosso, ho fatto due passi indietro. Il controllore mi minaccia con un sorriso beffardo, dicendomi che la multa sarebbe salita a 120 euro. Dopo l’emissione della multa, mi allontano per poco, visibilmente sotto shock e tremante, una condizione evidente agli occhi degli altri. I controllori, intanto, ridono di me, suscitando indignazione tra i presenti. Una signora anziana, lì con suo marito, chiede loro di non prendermi in giro.
I controllori tornano con fare minaccioso cercando il contatto fisico
Pochi minuti dopo, mentre la signora e suo marito cercano di aiutarmi, i controllori mi si avvicinano di nuovo, in modo minaccioso. “Perché sono qui? Perché mi seguono?”. Ora che i controllori conoscono il mio indirizzo, temo seriamente per la mia sicurezza e la mia vita. Non erano persone per bene; non ci si comporta così.
Alla fine del controllo, non mi è stato rilasciato alcun documento o ricevuta per attestare la multa, quindi non so come versare l’importo.
Un messaggio semplice per concludere
Trovo che questo comportamento, caratterizzato da intimidazione, violenza fisica e scherno, sia del tutto inappropriato e sproporzionato rispetto alla mia infrazione e inaccettabile rispetto agli standard professionali che ci si aspetterebbe da un’azienda con un fatturato di 1,27 miliardi di euro.
La petizione #weilwirdichfürchten e le migliaia di firme raccolte dimostrano che chi gestisce i trasporti a Berlino, pur essendo al corrente dei modi inappropriati del personale, lascia correre. Per sadismo? Opportunismo? Visioni politiche un po’ estremiste? Chissà. Io, da abitante di Berlino, mi vergogno che ci siano controllori del genere e, se potessi, boicotterei i mezzi di questa città per tutta la mia vita.
UPDATE
Ho avvisato BVG attraverso i canali ufficiali. Dopo più di un mese mi è arrivata una multa di 60 euro. L’unica cosa che hanno saputo dirmi è che, parlandone con il controllore, il tipo ha negato tutto.