I simboli di Berlino.
Al limite occidentale del quartiere Tiergarten, nelle vicinanze del Kurfürstendamm a Charlottenburg si trova lo zoo più famoso di Berlino da cui prende il nome la stazione ferroviaria Zoologischer Garten. Panda, orsi, ippopotami, giganteschi elefanti vivono in cattività le loro esistenze, incuranti (forse) che al di là del loro recinto ci sono i palazzi di uno dei quartieri più signorili e storici della città.
Perché Charlottenburg – che si trova all’interno del distretto di Charlottenburg-Wilmersdorf – è un po’ come Prenzlauer Berg, ma a differenza di questo ha un numero minore di turisti e si trova nella parte ovest, quindi il fascino è tutto occidentale – con la divisione della città (1949), il distretto di Charlottenburg fu assegnato al settore di occupazione britannico. Anzi, non del tutto occidentale: qui risiedono oltre ai coccodrilli anche tanti russi che hanno portato i loro soldi, la loro corruzione, le pellicce fatte di esseri viventi, la loro criminalità in stile “bordel”.

Cose positive e negative
Insomma hanno portato le cose positive e quelle negative, come le limousine che chi è andato nei dintorni di Mosca, sa quanto i russi amino affittare o comprare. A Charlottenburg oltre ai palazzi degli anni d’oro che è stato il primo ventennio del novecento (quando era una città era la più ricca della Prussia e assieme ai soldi, aveva altri primati di cui era fiera), ci sono tanti spazi verdi, c’è lo zoo, e c’è il Lietzensee un lago con parco idilliaco che risveglia il romanticismo al più frigido degli uomini.. Vai lì e vorresti avere la tua donna accanto e recitarle alcuni versi di una poesia di Goethe, che fa:
«Sarei già andato lontano,
tanto lontano quanto è grande il mondo,
se non mi trattenessero le stelle
che hanno legato il mio al tuo destino,
così che solo in te posso conoscermi.
E la poesia, i sogni, il desiderio,
tutto mi spinge a te, alla tua natura,
e dalla tua dipende la mia vita.»
Shopping al Kurfürstendamm
Ma finisci di recitare, che la tua amata ti porta a fare shopping sul lungo Kurfürstendamm, chiamato dai berlinesi Ku’damm, la vecchia “vetrina del capitalismo” che si contrapponeva al socialismo dell’est. Un paio di scarpe in uno dei tanti negozi, un anello di fidanzamento (l’ennesimo), un bel vestito attillato, e via a cambiarsi all’hotel cinque stelle, per passare la serata prima in un ristorantino elegantissimo e poi in una discoteca frequentata da ultra trentenni, scambisti anonimi e da prostitute russe che neanche in Russia.
No, vabbè questa non è ancora la mia vita, e penso che non lo sarà mai, anche perché non sono un turista. Io e Natalie siamo venuti qui per fare alcune compre nel grande negozio vicino alla Hardenbergstraße, per poi andare a mangiare un currywurst a Breitscheidplatz sotto la Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche, la famosa chiesa gravemente danneggiata dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale apparsa anche nel cinema, come nel film Il cielo sopra Berlino (Der Himmel über Berlin, Wim Wenders, 1987), o ne La terza generazione (Die dritte Generation, R. W. Fassbinder, 1979). Anche i libri hanno parlato di Charlottenburg: Berlin Alexanderplatz (Alfred Döblin, 1929) e Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino (Wir Kinder vom Bahnhof Zoo, Kai Hermann e Horst Rieck, 1978). Dal 2011 la chiesa è completamente coperta da una grigia impalcatura, a causa d’importanti lavori di ristrutturazione.

Incontri strani
Ci sono i punk, gli artisti di strada, i russi, e ci sono gli zingari. Un amico che era venuto a visitare Franz, trovandosi per la prima volta a Berlino ha voluto ascoltare le loro esigenze. Si sono comportati in un modo veramente all’avanguardia per gente come loro: nell’immaginario collettivo gli zingari stanno seduti o vanno in giro per le strade dei centri economici con la mano tesa chiedendo misericordiosamente qualche soldo; qui a Berlino gli zingari al posto del braccio, tendono un foglio da compilare, a cui se vuoi puoi fare l’offerta lasciando a loro il tuo conto corrente bancario, o almeno questo è accaduto all’amico di Franz. Una storia che raccontata mi fa sempre ridere.
Dribbliamo gli zingari e passeggiando sul Ku’damm notiamo su un grande marciapiede due orsi in vetroresina a grandezza naturale, uno di colore bianco e l’altro nero, intenti a scambiarsi un intimo bacio: l’orso è il simbolo di Berlino e qualcuno dice che dalla parola in tedesco Bär (appunto orso) derivi il nome della cittá.

Nuovi simboli
Prendiamo il tram M45 e andiamo a incontrare Franz e gli altri nelle vicinanze dello Schloss Charlottenburg l’edificio storico rimasto a Berlino dopo la seconda guerra mondiale. Anche se era stato un po’ danneggiato, a differenza della chiesa Gedächtniskirche, hanno deciso di ripararlo: in città erano troppi i simboli della distruzione, ed è bene dare spazio ai simboli della “ricostruzione”.

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Articolo pubblicato la prima volta: 12/2012